Perché i giovani atleti DEVONO fare pesi

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Fino a poco tempo fa, dare a un articolo un titolo così assertivo, affermando che i giovani atleti “devono” (un “devono”, non un semplice “possono”) praticare l’allenamento con i pesi, avrebbe potuto mettere a rischio la sicurezza fisica di alcuni (o molti) pesisti. Questo perché era diffusa la convinzione che questo particolare tipo di allenamento comportasse una lunga lista di svantaggi e, talvolta, persino danni irreparabili.

Basta pensare che l’allenamento con i pesi era spesso associato a un possibile ostacolo alla crescita in altezza: sollevare carichi avrebbe compromesso lo sviluppo normale. Fino a quel momento, questi problemi riguardavano ovviamente i bambini, perché era inconcepibile immaginare che un bambino potesse allenarsi con sovraccarichi. Si tratta di un dramma culturale che ancora oggi persiste.

Sì, purtroppo ancora oggi esistono categorie professionali prive di competenze specifiche in questo campo (anche se magari eccellenti in altri), che esercitano una forte influenza sulle famiglie e sulle società sportive, impegnandosi in una vera e propria guerra aperta per scoraggiare questa pratica (sostanzialmente il sollevamento pesi o l’uso di attrezzature con carichi) in età prepuberale, senza mai presentare alcuna letteratura scientifica a sostegno delle loro affermazioni.

Le evidenze scientifiche dimostrano i risultati di un fenomeno, che può essere successivamente criticato, ma solo attraverso un metodo scientifico. Mi chiedo come, dopo più di quattrocento anni, si sentirebbe Galileo Galilei nel sapere che il metodo scientifico da lui teorizzato è ancora spesso dimenticato o messo da parte, soprattutto da professionisti che, nonostante la loro laurea, tendono a non concordare con questo approccio.

O chi sa come si sentirebbe Popper, lo scienziato che teorizzò la necessità di confutare o falsificare il metodo scientifico, cioè come criticare un risultato attraverso l’approccio scientifico. Forse anche oggi si sentirebbero completamente fraintesi.

Nonostante queste figure illustri, e non solo loro, ancora oggi alcune pratiche vengono criticate senza alcuna base concreta. Ovviamente, quando queste opinioni vengono comunicate a persone (genitori, insegnanti, medici, ecc.) che non possiedono strumenti scientifici per confutarle, si crea una sorta di “non-cultura” o cultura popolare errata, che si radica profondamente e diventa difficile da eliminare, anche di fronte a evidenze scientifiche.

Probabilmente lo sport olimpico del sollevamento pesi ha pagato il prezzo più alto per questo approccio casuale, piuttosto che scientifico. I certificati di idoneità fisica venivano rifiutati non per patologie, ma per la semplice scelta di un ragazzo o di una ragazza che desiderava avvicinarsi al mondo del sollevamento pesi, e spesso dovevano combattere persino con il medico specialista dello sport (di cui non intendiamo discutere le conoscenze mediche), il quale scoraggiava letteralmente la pratica, elencando una serie di problemi inesistenti derivanti dall’uso di questo metodo di allenamento, scoraggiando così famiglie e bambini, talvolta in maniera definitiva.

Una madre e un padre non devono necessariamente essere competenti in uno sport o in fisiologia, ma un professionista che si qualifica come medico deve esserlo, senza se e senza ma; è suo dovere essere informato e formato se il suo “lavoro” (e missione) è certificare, valutare l’idoneità, consigliare e orientare. Non è raro trovarsi, a volte, come spettatori impotenti, osservando gli estremisti del divieto assoluto che si oppongono ad altri medici che invitano ragazzi e ragazze ad avvicinarsi al sollevamento pesi in età prepuberale, senza alcuna prescrizione se non quella dell’approccio metodologico riservato a quelle fasce d’età.

Purtroppo, il negazionismo non è prerogativa solo di una parte del mondo medico; si riscontra anche nella sfera degli esperti: allenatori, insegnanti di educazione fisica e, in alcuni casi, persino docenti nelle facoltà di scienze motorie. Pertanto, il problema è effettivamente trasversale.

Spesso, ancora oggi, diversi allenatori di sport di squadra criticano l’uso dell’allenamento con i pesi in tutte le fasce d’età, sostenendo che questo metodo rallenta il movimento.

Si poneva inoltre il quesito se tali allenatori non praticassero l’allenamento con i pesi per convinzione personale o a seguito di esperienze negative e risultati insoddisfacenti. Dall’analisi dei casi in cui l’allenamento con i pesi era stato applicato correttamente, emergeva che le difficoltà segnalate derivavano principalmente da mancanza di competenza e da una visione distorta del metodo, spiegando così i risultati insoddisfacenti osservati.

 

Cosa dice oggi la scienza riguardo alla correlazione tra età prepuberale e allenamento con i pesi? Gli studi spiegano in modo inequivocabile che tale combinazione non è impossibile: anzi, risulta possibile e benefica; l’alleanza tra i due aspetti – secondo la ricerca – dovrebbe essere incoraggiata.

A partire dagli anni ’80, i Paesi che avevano sperimentato positivamente l’uso dell’allenamento con i pesi avevano già diffuso pubblicazioni sui benefici di questa pratica in giovani (si veda, ad esempio, le scuole russe e tedesche). Tali studi avevano dimostrato vantaggi indiscutibili, che sarebbero poi diventati pilastri fondamentali per alcuni aspetti della performance sportiva o, più in generale, per la ricerca e il mantenimento del benessere fisico.

Uno degli ostacoli principali all’adozione dell’allenamento con i pesi tra i giovani risiede, secondo la percezione comune, proprio nel termine “peso”. Da solo, esso evoca l’idea di sessioni estenuanti, eccessive e inadeguate per giovani atleti. In realtà, l’allenamento con i pesi è l’unico metodo che permette di misurare e quantificare l’allenamento: si può passare da pochi grammi fino a carichi elevatissimi. È l’unico approccio che consente di orientare velocità e angolo di esecuzione degli esercizi.

Inoltre, rappresenta l’unico metodo che permette di sviluppare alcune caratteristiche funzionali all’espressione della forza, utilizzando anche strumenti differenti: elastici, molle, il peso del corpo con angoli specifici di esecuzione e accorgimenti che coinvolgono diversi distretti muscolari.

Si potrebbe chiedere agli allenatori di altri sport se sono in grado di misurare questi parametri con la stessa facilità con cui avviene nell’allenamento con i pesi. La domanda, naturalmente, creerebbe qualche difficoltà, poiché in realtà quasi tutto potrebbe essere misurato, ma a costi molto elevati e con un’organizzazione che pochissimi club o federazioni potrebbero permettersi e, in ogni caso, senza precisione assoluta, probabilmente con un alto margine di approssimazione.

Prendiamo alcuni esempi: chi misura la forza espressa da un giovane che esegue un muro sotto la rete nel minivolley, ogni volta che atterra dopo un salto? Il corpo cade, impattando con il pavimento che restituisce una forza uguale e contraria, da combinare con una violenta contrazione di catene cinetiche complesse che devono permettere al ragazzo o alla ragazza di mantenersi in condizioni ottimali di equilibrio. Quanta forza è stata espressa? In quanto tempo? Sempre in modo simmetrico? Non è noto e non può essere facilmente misurato, eppure non esistono controindicazioni per questo sport, che risulta bello, estremamente formativo e anche spettacolare.

Lo stesso vale anche per sport come il mini-basket, il rugby o il calcio. Chi è in grado, sul momento, di misurare la forza espressa in un cambio di direzione nel calcio o in una rapida decelerazione? Nessuno può farlo con la stessa semplicità con cui avviene nell’allenamento con i pesi. Queste ultime due espressioni di forza, impropriamente definite “carico naturale”, non danno mai la percezione della presenza del peso; di conseguenza, gli esercizi e i movimenti coinvolti vengono considerati tutti innocui. Il potere delle parole! In realtà, potrebbero effettivamente essere innocui, se i muscoli dei ragazzi e delle ragazze fossero adeguatamente allenati per questo tipo di sforzo.

Il fatto che in questi sport ci siano più infortuni rispetto all’allenamento con i pesi è confermato dai dati ottenuti dallo studio denominato High School Sports-Related Injury Surveillance Study, nel quale gli studenti-atleti delle scuole superiori che partecipavano a 9 sport diversi hanno subito 4.350 traumi durante l’anno scolastico 2005-2006, corrispondenti a circa 1.442.533 traumi su scala nazionale. Il tasso di infortuni per 1.000 esposizioni atletiche risultava più elevato nelle competizioni (4,63) rispetto agli allenamenti (1,69) (rapporto di frequenza [RR] = 2,73, intervallo di confidenza [CI] al 95% = 2,58–2,90).

Tra tutti gli sport, il football americano registrava il tasso più alto di giocatori infortunati per 1.000 esposizioni atletiche sia in competizione (12,09) sia in allenamento (2,54). Rispetto agli infortuni riportati durante l’allenamento, le percentuali più elevate di infortuni in competizione riguardavano testa – volto – collo (proporzione [PR] = 1,61, CI 95% = 1,34–1,94), in particolare nel football maschile (PR = 7,74, CI 95% = 2,53–23,65) e nel basket femminile (PR = 6,03, CI 95% = 2,39–15,22).

Le lesioni più comuni e ricorrenti erano le commozioni cerebrali (PR = 2,02, CI 95% = 1,56–2,62), specialmente nel football maschile (PR = 6,94, CI 95% = 2,01–23,95) e nel basket femminile (PR = 5,83, CI 95% = 2,06–16,49). Percentuali più elevate di infortuni in competizione determinavano un’assenza dall’attività sportiva superiore a 3 settimane (PR = 1,28, CI 95% = 1,08–1,52), in particolare nel baseball (PR = 3,47, CI 95% = 1,48–8,11) e nella pallavolo (PR = 2,88, CI 95% = 1,01–8,24).

Nel rapporto citato, il tasso complessivo di infortuni per 100 ore/partecipante risultava pari a 0,8000 per il rugby, 0,0120 per l’allenamento di resistenza e 0,0013 per il sollevamento pesi.

Questa situazione dimostra chiaramente che in altre forme di allenamento devono essere messe in pratica precauzioni importanti, cosa che invece non si applica all’allenamento con i pesi; tuttavia, come tutte le attività umane, anche questa richiede la presenza di operatori esperti e qualificati e, in particolare, con grande esperienza nel settore.

Una delle accuse più comuni rivolte all’allenamento con i pesi è che possa danneggiare le cartilagini di accrescimento, presenti in tre principali sedi nel corpo di un bambino in crescita: le placche cartilaginee vicino alle estremità delle ossa lunghe, la cartilagine che ricopre le superfici articolari e i punti in cui i principali tendini si inseriscono nelle ossa.

Behm et al. (2008) concludono la loro ricerca originale affermando che: nelle giovani persone impegnate nell’allenamento con i pesi non sono stati riportati casi di fratture della placca epifisaria in nessuno studio prospettico.

In realtà, nei bambini più piccoli le lesioni delle cartilagini di accrescimento sono meno probabili rispetto all’adolescenza, poiché le cartilagini di crescita dei bambini risultano effettivamente più forti e più resistenti alle diverse sollecitazioni rispetto a quelle degli adolescenti (Micheli, 1988).

Le fratture dell’estremità prossimale dell’omero sono relativamente rare nell’infanzia, rappresentando lo 0,45% di tutte le fratture in età pediatrica e il 4-7% di tutte le lesioni epifisarie traumatiche (Sohrab Pahlavan, 2011). L’incidenza varia da 1,2 a 4,4 casi ogni 10.000 abitanti all’anno. Le fratture più frequenti sono i distacchi epifisari di tipo Salter-Harris II e le fratture metafisarie. I primi si riscontrano più frequentemente negli adolescenti, mentre le seconde sono più comuni nei bambini sotto i 10 anni. L’incidenza è maggiore nei maschi rispetto alle femmine, probabilmente a causa di fattori eziologici: i maschi praticano più frequentemente sport di contatto, come calcio o basket, rispetto alle femmine (Williams, 1981).

Gli stimoli di trazione e pressione favoriscono una migliore formazione ossea, pertanto è errato affermare che l’allenamento di forza abbia effetti negativi sulle ossa. L’idea – spesso formulata – secondo cui l’aumento della forza di lavoro comporterebbe un incremento del deterioramento di ossa, legamenti e articolazioni è del tutto infondata: la funzione mantiene la sua forma e non viceversa (Klumper, in Umbach C. Fach, 1990).

Dopo aver eliminato questa preoccupazione, seppur esistente ma marginale, diventa necessario comprendere i vantaggi dell’allenamento di forza attraverso l’uso dei pesi in età prepuberale.

I vantaggi

Dal 1987-1990, con gli studi di Sale, Blimkie (1993), Tenenbaum (1996), Faigenbaum (2000) e Falk & Eliakim (2004), sono state proposte ricerche che hanno messo in evidenza la correlazione positiva tra due aspetti: in altre parole, l’età prepuberale e l’uso dell’allenamento con i pesi nella preparazione fisica generale.

Oltre a queste ricerche, risultano importanti anche i contributi di studi condotti da enti scientifici qualificati:

La British Association of Sports and Exercise Science (2004) ha pubblicato uno studio con un follow-up di 25 anni, analizzando 520 ragazzi e 605 ragazze, sulla correlazione tra allenamento di forza e flessibilità. Anche questo studio evidenzia una correlazione positiva tra i due fattori, sottolineando che i giovani che praticano allenamento di forza tendono da adulti a sviluppare minori tensioni muscolari.

L’American College of Sports Medicine nel 2006 ha prodotto uno studio sull’allenamento della forza muscolare, presentando le seguenti evidenze: un carico meccanico applicato allo scheletro tramite l’uso di pesi può stimolare efficacemente un aumento della formazione ossea nei giovani, mentre negli adulti si osserva una lenta perdita della matrice ossea in età adulta. Presumibilmente, ciò può comportare un minor rischio di osteoporosi, osteopenia e fratture ossee.

Inoltre, studi osservazionali recenti hanno suggerito un’associazione inversa tra il rischio di mortalità per tutte le cause e vari componenti della forza o resistenza muscolare. Sebbene i meccanismi specifici di queste associazioni non siano ancora completamente noti, si può considerare che il rafforzamento muscolare favorisca lo sviluppo e il mantenimento della massa muscolare magra metabolicamente attiva, particolarmente importante per migliorare il metabolismo del glucosio.

Una sessione di allenamento con i pesi almeno due volte alla settimana rappresenta un metodo sicuro ed efficace per migliorare la forza e la resistenza muscolare dal 25% fino al 100% o più. Si consiglia di eseguire 8-10 esercizi, distribuiti su due o più giorni non consecutivi alla settimana, coinvolgendo principalmente i principali gruppi muscolari. I pesi utilizzati devono essere tali da indurre una fatica significativa dopo 8-12 ripetizioni di ciascun esercizio.

Le evidenze risultanti sui benefici dell’allenamento della forza per la salute muscoloscheletrica e i potenziali effetti a livello di popolazione sulla promozione della salute dello scheletro indicano la necessità di una raccomandazione di sanità pubblica che includa l’inserimento dell’allenamento con i pesi nelle attività fisiche per tutti, in particolare per i giovani.

Infine, l’American Academy of Pediatrics, dal 2001 al 2014, ha proposto una serie di revisioni intitolate “Strength Training by Children and Adolescents”, che hanno generato un processo evolutivo estremamente interessante nel pensiero riguardo l’allenamento con i pesi in età precoce. Già nella prima pubblicazione gli autori sottolineavano che non esistono controindicazioni particolari all’uso dell’allenamento con i pesi nelle attività fisiche giovanili, e nell’ultima revisione, datata 2014, si specifica quanto segue:

L’allenamento della forza è un componente comune dei programmi sportivi e di efficienza fisica per giovani e adolescenti. Può essere utilizzato come mezzo per aumentare la massa muscolare e migliorare l’aspetto fisico. I programmi di sviluppo della forza possono includere l’uso di pesi liberi, macchine, elastici o il peso corporeo. La quantità e il tipo di esercizi da utilizzare, così come la frequenza delle sessioni di forza, devono essere determinati in base agli obiettivi specifici del programma.

Indicazioni generali

L’allenamento può includere l’uso di pesi liberi, il peso corporeo dell’individuo, macchine e/o altri dispositivi ponderati per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Rinforzo del core: occorre implementare un programma di potenziamento muscolare che stabilizzi il tronco del corpo. L’allenamento deve enfatizzare il rafforzamento dei muscoli addominali, lombari e glutei, nonché la flessibilità delle inserzioni muscolari pelviche, così come dei quadricipiti e dei muscoli della coscia. È consigliato un gruppo di ripetizioni alternate a periodi di recupero programmati (ad esempio, 3 serie da 20 ripetizioni). Infine, gli autori spiegano come possano essere utilizzati tutti i tipi di contrazione, inclusa la metodologia del sollevamento pesi.

Numerosi studi hanno dimostrato che l’allenamento della forza, se eseguito con tecnica corretta e supervisione attenta, può aumentare la forza in preadolescenti e adolescenti. Frequenza, modalità (tipo di carico), intensità e durata devono contribuire a un programma adeguatamente strutturato. Incrementi di forza sono evidenti con tutte le modalità di allenamento della forza che durano almeno otto settimane e possono verificarsi anche con allenamenti settimanali, sebbene un programma minimo debba prevedere una frequenza di almeno due volte a settimana per risultare più funzionale. Programmi adeguatamente controllati che enfatizzano il rinforzo del core (muscoli del tronco, ad esempio addominali, lombari e glutei) sono appropriati anche per bambini, che teoricamente traggono beneficio dall’acquisizione di abilità specifiche per lo sport e per il controllo posturale. Sei settimane dopo l’interruzione dell’allenamento della forza, la forza tende a tornare al livello iniziale.

Nei preadolescenti, un adeguato allenamento con i pesi può aumentare la forza senza ipertrofia muscolare concomitante. Questi incrementi di forza possono essere attribuiti a un meccanismo neurologico, per cui l’allenamento aumenta il numero di neuroni motori “reclutati” per ciascuna contrazione muscolare. Questo meccanismo spiega molto bene l’aumento di forza in popolazioni con basse concentrazioni di androgeni, comprese le femmine e i ragazzi pre-adolescenti. Al contrario, l’allenamento della forza favorisce la crescita muscolare che normalmente si verifica con la pubertà nei ragazzi e l’ipertrofia muscolare nelle ragazze.

Programmi di allenamento di forza appropriati non sembrano avere effetti negativi sulla crescita lineare, sulle cartilagini di accrescimento o sul sistema cardiovascolare.

Tra le linee guida per l’allenamento della forza, l’American Academy of Pediatrics suggerisce: una valutazione medica del bambino prima dell’inizio di un programma formale di allenamento della forza può identificare fattori di rischio per infortuni e offrire l’opportunità di discutere eventuali traumi precedenti, dolori lombari, condizioni mediche, obiettivi di allenamento, motivazioni per iniziare l’attività fisica, tecniche appropriate e aspettative sia del bambino sia dei genitori.

È necessario ricordare ai giovani che l’allenamento della forza rappresenta solo una parte di un programma generale di fitness o sportivo. Sebbene le ricerche supportino la sicurezza e l’efficacia dell’allenamento della forza per i bambini, tale pratica non è necessaria né appropriata per tutti. Prima di iniziare un programma di allenamento della forza, i bambini devono essere in grado di seguire istruzioni e rispettare le norme di sicurezza.

Gli esercizi con i pesi eseguiti con contrazioni molto rapide durante la routine di allenamento della forza non sono raccomandati, poiché la tecnica potrebbe non garantire un livello ottimale di sicurezza. Questo concetto restrittivo si applica all’allenamento della forza e non al sollevamento pesi competitivo. Lo sport del sollevamento pesi è differente dall’allenamento della forza comune, poiché implica tipi specifici di sollevamento come strappo e slancio.

Quando bambini o adolescenti partecipano a un programma di allenamento della forza, le sessioni dovrebbero iniziare con esercizi a carico leggero fino a quando non sia stata raggiunta la corretta tecnica, incrementando prima il numero di ripetizioni (da 8 a 15); è consigliabile aggiungere aumenti di carico dell’ordine del 10%.

Per ottenere risultati ottimali in termini di forza, le sessioni di allenamento devono avere una durata minima di 20-30 minuti e svolgersi 2 o 3 volte a settimana, stimolando adattamenti mediante l’aumento del carico o del numero di ripetizioni. Quattro sessioni settimanali non sembrano apportare benefici aggiuntivi e potrebbero aumentare il rischio di infortuni da sovraccarico. Per motivi di sicurezza e per ridurre il rischio di lesioni, è obbligatorio garantire una tecnica corretta e una supervisione attenta. La supervisione adeguata è definita da un istruttore specializzato in allenamento della forza.

Raccomandazioni

Le tecniche appropriate di allenamento della forza e le precauzioni di sicurezza devono essere seguite affinché i programmi di forza per preadolescenti e adolescenti siano sicuri ed efficaci. Se necessario o opportuno, prima di iniziare un programma, va valutato il livello di competenza già raggiunto dal giovane nello sport scelto.

  • I preadolescenti e gli adolescenti devono evitare allenamenti massimali o eccessivi prima di aver raggiunto la maturità fisica e scheletrica.

  • Quando i pediatri sono chiamati a raccomandare o valutare programmi di potenziamento muscolare per bambini e adolescenti, devono essere sempre considerati i seguenti aspetti:

    • Deve essere effettuata una valutazione medica da parte del pediatra o del medico di famiglia, verificando la presenza di ipertensione, disturbi convulsivi o una storia di tumore infantile o chemioterapia. I bambini con cardiopatie congenite (cardiomiopatia, ipertensione arteriosa polmonare o sindrome di Marfan) devono essere indirizzati a un cardiologo pediatrico prima di iniziare un programma specifico di allenamento della forza.

  • L’allenamento aerobico deve essere associato al potenziamento muscolare se l’obiettivo principale è il miglioramento della salute generale.

  • I programmi di forza devono generalmente includere 15 minuti di riscaldamento e defaticamento.

  • Gli atleti devono assicurare un adeguato apporto di liquidi e seguire una dieta corretta ed equilibrata, poiché entrambi sono fondamentali per immagazzinare energia muscolare, favorire il recupero e migliorare la performance.

  • Gli esercizi specifici di allenamento della forza devono essere appresi inizialmente senza pesi (ossia senza resistenza).

  • Una volta acquisita la tecnica corretta, possono essere aggiunti carichi incrementali utilizzando bilancieri o altre forme di resistenza.

  • L’allenamento della forza deve prevedere 2-3 serie di ripetizioni elevate (da 8 a 15), 2-3 volte a settimana, per almeno 8 settimane.

  • Un programma generale di potenziamento deve coinvolgere tutti i principali gruppi muscolari, inclusi i muscoli del core, e prevedere l’intera gamma di movimento per ciascun esercizio.

  • Qualsiasi segno di malessere o infortunio derivante dall’allenamento della forza deve essere valutato in maniera approfondita prima di continuare il programma di esercizi.

  • La corretta tecnica e una supervisione rigorosa da parte di un istruttore sono componenti fondamentali di sicurezza in qualsiasi programma di allenamento della forza rivolto a preadolescenti e adolescenti.

Come si può facilmente dedurre dalle indicazioni fornite da organizzazioni internazionali autorevoli e da ricerche qualificate, l’allenamento della forza in età prepuberale non costituisce in alcun modo il “dramma” che talvolta alcuni vogliono presentare. Questo tipo di allenamento, finalizzato al benessere e alla performance sportiva, è possibile a qualsiasi età, in particolare nei giovani, con benefici immediati e futuri che risultano molto più evidenti rispetto alle convinzioni errate spesso diffuse a riguardo.

Pertanto, tornando al titolo di questo articolo, considerando rischi e benefici derivanti da questa pratica, si può affermare con sicurezza, alla luce delle evidenze scientifiche, che i giovani devono effettivamente utilizzare il sollevamento pesi per allenare la propria forza.

 

 

Tradotto da EWF Scientific Magazine n10: Why young athletes must do weight training (by A. Urso)